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La strage di Ustica, 40 anni dopo ancora senza colpevoli

Si sa che l’aereo è stato abbattuto. I familiari 40 anni dopo: “Diteci chi è stato”

scritto da Serena Marotta

Ottantuno persone a bordo: 77 passeggeri  (64 adulti, 11 ragazzini tra i due e i dodici anni, due bimbi di 24 mesi) e 4 uomini dell’equipaggio. Nessuno si è salvato nei cieli tra Ponza e Ustica a bordo dell’aereo DC-9 dell’Itavia, volo IH870, partito alle 20.08 da Bologna e diretto a Palermo.

Sono passati 40 anni dalla strage di Ustica, avvenuta il 27 giugno 1980: “L’aereo è stato abbattuto. Adesso diteci chi è stato”, chiedono i familiari delle vittime. I responsabili della morte delle 81 persone, ancora oggi, non ci sono: 40 anni trascorsi senza colpevoli.  E’ di qualche giorno fa la notizia della desecretazione degli atti  sino al 2001 della commissione d’inchiesta. Desecretazione decisa dalla presidenza del Senato all’unanimità. E di nuovo si parla della pista palestinese. Andiamo con ordine.

27 giugno 1980: sono le 20.59 e 45 secondi quando l’aereo scompare dagli schermi radar del centro di controllo di Roma Ciampino. Il DC -9 è partito dall’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna con due ore di ritardo alle 20.08 e sarebbe dovuto atterrare allo scalo siciliano di Palermo di Punta Raisi – oggi Falcone -Borsellino – alle 21.13.

Il Tracciato. Fonte: stragi80.it
Il tracciato. Fonte: stragi80.it

 

L’aereo si inabissa, 81 persone muoiono. Ecco l’elenco delle vittime:

Andres Cinzia (24), Andres Luigi (32), Baiamonte Francesco (55), Bonati Paolo (16), Bonfietti Alberto (37), Bosco Alberto (41), Calderone Maria Vincenza (58), Cammarata Giuseppe (19), Campanini Arnaldo (45), Casdia Antonio (32), Cappellini Antonella (57) anni, Cerami Giovanni (34), Croce Maria Grazia (40), D’Alfonso Francesca (7), D’Alfonso Salvatore (39), D’Alfonso Sebastiano (4), Davì Michele (45), De Cicco Giuseppe Calogero (28), De Dominicis Rosa (Allieva Assistente di volo Itavia) (21), De Lisi Elvira (37), Di Natale Francesco (2), Diodato Antonella (7), Diodato Giuseppe (1), Diodato Vincenzo (10), Filippi Giacomo (47), Fontana Enzo (Copilota Itavia) (32), Fontana Vito (25), Fullone Carmela (17), Fullone Rosario (49), Gallo Vito (25), Gatti Domenico (Comandante Pilota Itavia) (44), Gherardi Guelfo (59), Greco Antonino (23), Gruber Berta (55), Guarano Andrea (37), Guardì Vincenzo (26), Guerino Giacomo (19), Guerra Graziella (27), Guzzo Rita (30), Lachina Giuseppe (58), La Rocca Gaetano (39), Licata Paolo (71), Liotta Maria Rosaria (24), Lupo Francesca (17), Lupo Giovanna (32), Manitta Giuseppe (54), Marchese Claudio (23), Marfisi Daniela (10), Marfisi Tiziana (5), Mazzel Rita Giovanna (37), Mazzel Erta Dora Erica (48), Mignani Maria Assunta (30), Molteni Annino (59), Morici Paolo (Assistente di volo Itavia) (39), Norrito Guglielmo (37), Ongari Lorenzo (23), Papi Paola (39), Parisi Alessandra (5), Parrinello Carlo (43), Parrinello Francesca (49), Pelliccioni Anna Paola (44), Pinocchio Antonella (23), Pinocchio Giovanni (13), Prestileo Gaetano (36), Riina Andrea (24), Reina Giulia (51), Ronchini Costanzo (34), Siracusa Marianna (61), Speciale Maria Elena (55), Superchi Giuliana (11), Torres Pierantonio (32), Tripiciano Giulia Maria Concetta (45), Ugolini Pierpaolo (33), Valentini Daniela (29), Valenza Giuseppe (33), Venturi Massimo (31), Volanti Marco (26), Volpe Maria (48), Zanetti Alessandro (18), Zanetti Emanuele (39), Zanetti Nicola (6).

L’ultimo messaggio del comandante Domenico Gatti

Il comandante Domenico Gatti, seduto al cockpit accanto al primo ufficiale Enzo Fontana, prima comunica via radio la sua ultima posizione al Centro di controllo di Ciampino, poi si rivolge ai passeggeri, tutto sembra procedere in modo tranquillo, quando all’improvviso avviene l’abbattimento, come risulta dalla registrazione audio recuperata nella scatola nera:

“Signore e signori buonasera, brevi informazioni sul volo dalla cabina di pilotaggio. Stiamo procedendo a una quota di 7500 metri e circa due minuti fa abbiamo lasciato l’Isola di Ponza per volare in linea retta su Palermo dove stimiamo di atterrare tra circa mezzora. Il tempo, procedendo verso sud è in miglioramento  per cui a Palermo è previsto tempo buono e visibilità ottima, temperatura di 22° e leggero vento. La nostra rotta dopo il decollo è stata, da Bologna poi Firenze, abbiamo lasciato Roma alla nostra destra, poi la cittadina di Latina verso Ponza. La nostra velocità al suolo è di circa 800 Km/h. Grazie.

Poi l’ultima comunicazione del pilota, che dice la frase: “Guarda cos’è”. Qui l’audio.

 

Dal 27 giugno 1980 al 1986 della strage di Ustica non si parlerà più. Le indagini proseguono, ma molto lentamente: il relitto del Dc9 fu recuperato solo fra il 1987 e il 1988. Lo scheletro del relitto si può osservare nel museo della Memoria di Ustica a Bologna. Nel frattempo viene fondata l’associazione dei familiari delle vittime.  Solo nel 1990 con l’arrivo di Priore si ha una svolta nelle indagini, il quale immediatamente mette in relazione le implicazioni internazionali.

La mappa. Fonte: stragediustica.info/

Lo scenario internazionale: il caso del DC9 Itavia

La sera in cui avviene la strage di Ustica, ventuno aerei militari di differenti nazionalità volano nei cieli italiani “in una guerra non dichiarata”. Espressione usata dal giudice Rosario Priore che per anni  ha indagato sull’abbattimento del Dc9. Dunque non un “cedimento strutturale” dell’aereo, come si è tentato a lungo di far credere, azione che ha comportato anche il fallimento della già fragile compagnia aerea, ma “una guerra non dichiarata”. Nell’area del Mediterraneo gravitano infatti molte tensioni. Da una parte c’è la Francia di Giscard d’Estaing e gli Stati Uniti di Carter (poi sotto Reagan), dall’altra la Libia di Gheddafi. Qui il Governo italiano si trova a gestire una complicata mediazione: in primis, continuare a non tradire la fiducia degli alleati che sono insofferenti nei confronti di Gheddafi nonché del suo sostegno alle numerose azioni terroristiche e, in contemporanea, mantenere buone relazioni con Tripoli, che è fornitrice di petrolio e commesse. E non solo. Infatti il 1980 è l’anno dell’instabilità: si verificano i nuovi assetti in Medio Oriente – dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan – e il potere preso da Khomeini in Iran. In più sopraggiunge la morte di Josip Broz Tito, avvenuta un mese prima della strage di Ustica.

Dal giudice Bucarelli al giudice Priore

Nel mese di novembre del 1984 viene nominato il primo collegio peritale. Il 16 marzo 1989 viene consegnata la relazione. Ecco la dichiarazione dei sei periti che fanno parte del collegio alla stampa:

Tutti gli elementi a disposizione fanno concordemente ritenere che l’incidente occorso al DC9 sia stato causato da un missile esploso in prossimità della zona anteriore dell’aereo. Allo stato odierno mancano elementi sufficienti per precisarne il tipo, la provenienza e l’identità”.

Bucarelli assegna ai periti il compito di continuare nelle indagini: c’è da identificare il tipo di missile. Ma uno scontro tra l’onorevole Giuliano Amato (sottosegretario alla Presidenza del Consiglio) in quel periodo), e il giudice Bucarelli, comporterà che il giudice abbandonerà l’indagine. Indagine passa al giudice Rosario Priore (1990). Da qui una grande istruttoria che si concluderà con oltre cinquemila pagine, che ricostruiscono uno scenario da guerra. In pratica il DC-9 si è trovato nel mezzo di una battaglia ed è stato abbattuto o da un missile o dall’urto di un caccia che lo ha sfiorato a velocità elevatissima. Il giudice ha incriminato una decina di ufficiali dell’Aeronautica con l’accusa di depistaggi e omissioni. Tutto però senza riuscire ad individuare i colpevoli della strage di Ustica. I dibattimenti penali che si sono susseguiti nel tempo hanno smontato le prove e gli ufficiali sono stati assolti in maniera definitiva.

Viene istituita la Commissione Stragi, presieduta da Libero Gualtieri, che nell’aprile del 1992 approva la relazione:

“per la Commissione è possibile indicare al Parlamento le responsabilità delle istituzioni militari per avere trasformato una ‘normale’ inchiesta sulla perdita di un aereo civile, con tutti i suoi 81 passeggeri, in un insieme di menzogne, di reticenze, di deviazioni, al termine del quale, alle 81 vittime, se ne è aggiunta un’altra: quell’Aeronautica militare che, per quello che ha rappresentato e che rappresenta, non meritava certo di essere trascinata nella sua interezza in questa avventura”.

“Suicidi in ginocchio”

L’elenco di morti sospette, i cosiddetti “suicidi in ginocchio”, si apre con l’incidente stradale in cui muore il colonnello dell’Aeronautica militare Pierangelo Tedoldi, il 3 agosto 1980. Tedoldi, 41 anni, era comandante dell’aeroporto di Grosseto. Tre anni dopo, il 28 gennaio 1993, muore il sindaco di Grosseto, Giovanni Battista Finetti, in un altro incidente stradale. Era stato il sindaco a raccogliere le testimonianze di alcuni ufficiali dell’Aeronautica. Stando alle testimonianze, due caccia italiani si erano alzati in volo dalla base toscana per abbattere un Mig libico.

In Germania, a Ramstein, nel corso di un’esibizione aerea delle Frecce Tricolori, il 28 agosto 1988, muoiono due piloti. Si tratta di Mario Naldini, 41 anni, e Ivo Nutarelli, 38 anni. Sono stati loro che la sera del 27 giugno 1980 hanno lanciato segnali di emergenza, decollati da Grosseto.

Antonio Muzio, maresciallo dell’Aeronautica, il primo febbraio 1991 viene ucciso con tre colpi di pistola a Vibo Valentia. Era lui nell’anno della strage di Ustica a prestare servizio alla torre di controllo di Lamezia Terme.

L’elenco continua: il 2 febbraio 1992, avviene un altro incidente stradale in cui rimane vittima il maresciallo Antonio Pagliara. Pagliara negli anni Ottanta era in servizio a Otranto e svolgeva funzioni di controllo per la Difesa Aerea. Il 12 gennaio 1993 viene ucciso a Bruxelles l’ex generale Roberto Boemio. Boemio era il testimone-chiave. L’alto ufficiale aveva infatti collaborato su Ustica con la magistratura: le modalità dell’omicidio, secondo la magistratura belga, coinvolgono “i servizi segreti internazionali”.

27 giugno 2020: la pista palestinese per la strage di Ustica

40 anni dopo la strage di Ustica rispunta la pista dell’attentato palestinese. Sono stati rivelati i telegrammi che venivano inviati al Sismi dal colonnello Stefano Giovannone che a quel tempo era a capo dei servizi segreti italiani a Beirut. Un telegramma cifrato per decenni coperto da segreto di Stato, parzialmente declassificato solo nel 2014. Lo rivela La Stampa, che scrive, nell’articolo a firma di Francesco Grignetti, “l’allarme del Sismi, arrivato a Roma poche ore prima del disastro aereo, è oggettivamente inquietante. E rilancerebbe la tesi dell’attentato ad opera di una frangia filolibica del terrorismo palestinese.” E’ in quei mesi che dopo il sequestro di missili palestinesi avvenuto in Abruzzo, a Ortona, i servizi segreti italiani hanno dovuto fare da cuscinetto per impedire attentati da parte dell’Fplp, l’organizzazione palestinese di fede marxista. In pratica, si trattava di un rapporto regolato da un protocollo segreto, il cosiddetto “Lodo Moro”. In particolare, stando a quello che è emerso, dal 1970 avrebbe permesso all’Olp di fare in Italia attività paramilitari sotto copertura offrendo in cambio all’Italia, la rinuncia a eseguire attentati terroristici. Stefano Giannone è morto nel 1985.

Sono passati 40 anni, tra menzogne e muro di gomma, e rimangono ancora delle domande senza risposta: chi è il responsabile dell’abbattimento dell’aereo?

 

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