La giornalista ha scritto poi il suo pensiero sul sito di “Tpi.it”
Ha solo 15 anni, Leon Pappalardo, figlio di Laerte e Selvaggia Lucarelli, eppure ha le idee molte chiare. Il ragazzo ha deciso, durante una delle tappe degli incontri di Matteo Salvini a Milano di avvicinarsi per esprimere il suo pensiero sulla condotta del Leader della Lega e sulle sue posizioni politiche.
Pappalardo ha definito Salvini e il suo partito, omofobo e razzista e la vicenda non è passata inosservata: il ragazzo è stato poi fermato dalla polizia, identificato e Selvaggia Lucarelli ha così deciso, a quel punto di riprendere tutta la scena.
Proprio la giornalista, sul sito di “Tpi.it” è intervenuta e ha spiegato cosa è successo.
Ho apprezzato quello che ha fatto e non per i contenuti espressi (non sapevo cosa gli avrebbe detto, che comunque condivido), ma per il coraggio con cui ha provato a confrontarsi con Salvini, in mezzo a 100 persone, alcune delle quali ostili e rumorose. Non è un ragazzo perfetto, mio figlio, ma ha il coraggio delle proprie idee, ha il coraggio di essere ciò che è anche fuori dai social e di somigliare alle parole che scrive. Non ha smanie di apparire come ho letto qua e là, non ha social aperti, non posta sue foto, è totalmente indifferente al mio lavoro e alla fama. Ha solo un abbozzo di fervore idealista che spero lo accompagni tutta la vita.
Detto ciò, ha detto a Salvini che è razzista e omofobo, che usa gli immigrati per fare propaganda e lo ha detto senza aggredire o alzare la voce. Ho trovato squallide due cose: la prima è che Salvini abbia fatto il bulletto strafottente che fa finta di non ascoltare e gli abbia detto un “Ti voglio bene”, a cui Leon ha risposto “io no”. La seconda, più seria, riguarda i poliziotti in borghese che poi gli si sono avvicinati per identificarlo. Dicendo a me – a quel punto mi sono messa a riprendere la scena – che non potevo filmare per motivi ignoti (ho continuato a farlo). È stata una scena pietosa. Fermare un ragazzino di 15 anni per chiedergli i documenti dopo che civilmente aveva espresso le sue idee, costringendolo per giunta a dire nome e cognome in pubblico, visto che i documenti li aveva lasciati a casa, è un pessimo segnale. Il tutto mentre un tizio esagitato, adulto, alle sue spalle gli gridava “zecche!”.+