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Stefano Cucchi, il post della sorella Ilaria a 11 anni dalla morte

Sono passati undici anni dalla morte del geometra romano

“Mentre i Generali sfilano in udienza nel tentativo di giustificare, oltre ogni evidenza, il loro operato io non posso non pensare che 11 anni fa queste erano le ultime ore di vita di mio fratello.
Domani all’alba, di 11 anni fa, Stefano è morto, nell’indifferenza generale di tutti coloro che lo hanno visto nei giorni del suo calvario.
E nel quieto vivere di chi sapeva e non ha avuto il coraggio di parlare allora finché si era in tempo, forse, di poterlo salvare”. Sono le parole scritte da Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, undici anni dopo la sua morte.

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Chi era Stefano Cucchi

Stefano Cucchi era nato a Roma il 1° ottobre del 1978. Era un geometra e lavorava con il padre. Aveva 31 anni quando è deceduto in un letto d’ospedale, dopo sei giorni passati in carcere. Andiamo con ordine. Stefano fu arrestato dai carabinieri per detenzione di stupefacenti: 12 confezioni di hashish, 21 grammi in totale, e tre bustine di cocaina, una pillola di un medicinale per l’epilessia, patologia di cui il geometra romano era affetto.

Da qui fu trasferito alla stazione dei carabinieri e posto sotto custodia cautelare. Il giorno successivo poi fu processato con il rito direttissimo. Le sue parole, le uniche furono queste: “Mi dichiaro innocente per lo spaccio, ma non per la detenzione per uso personale” durante il primo processo. Nessuno sguardo sul ragazzo, nessuna domanda sul perché avesse quegli evidenti ematomi sul volto.

Intanto il suo stato di salute era grave: il giovane romano aveva difficoltà a camminare e a parlare e aveva degli ematomi agli occhi. Ma Stefano decise la strada del silenzio e non dichiarò al pm di essere stato picchiato dai carabinieri.

Per lui il giudice stabilì la custodia cautelare presso il carcere Regina Coeli, in attesa dell’udienza del mese di novembre 2009. Ma le sue condizioni peggiorarono al punto che fu trasferito all’ospedale Fatebenefratelli. Qui vennero refertate lesioni ed ecchimosi a gambe e viso, la frattura della mascella, un’emorragia alla vescica e al torace e due fratture alle vertebre. Ma Stefano rifiutò il ricovero e tornò in carcere. Le sue condizioni di salute peggiorarono. Sino a quando il 31enne venne trovato morto nel suo letto d’ospedale il 22 ottobre 2009.

“La battaglia di verità per Stefano Cucchi deve trasformarsi in una battaglia per la giustizia in Italia”

Dal giorno della morte la famiglia ha lottato per avere verità e giustizia per Stefano. Una lotta durata dieci lunghissimi anni. “La battaglia di verità per Stefano Cucchi deve trasformarsi in una battaglia per la giustizia in Italia e per la difesa dei diritti di tutte e tutti, soprattutto dei soggetti più fragili e a rischio nella nostra società: il tema del rispetto dei diritti umani deve necessariamente riguardare ciascuno di noi. Ci impegniamo per l’introduzione di codici identificativi per le forze dell’ordine; la fine della criminalizzazione della società civile; l’attuazione della riforma dell’ordinamento carcerario; l’istituzione in Italia di un’authority indipendente sui diritti umani; la modifica della legge sulla tortura; lo stralcio della nuova disciplina sulle intercettazioni” si legge sul sito dedicato a Stefano.

La sentenza

Nel processo per la morte di Stefano Cucchi sono stati condannati a dodici anni per omicidio preterintenzionale due carabinieri. Si tratta dei carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. Lo hanno stabilito i giudici della prima Corte d’assise di Roma. E’ stato assolto dall’accusa di omicidio Francesco Tedesco, l’imputato-accusatore che ha permesso con le sue dichiarazioni di fare luce sul pestaggio subito da Stefano in caserma nella notte del suo arresto. E’ stato però condannato a due anni e sei mesi per falso. Per lo stesso reato è stato condannato Roberto Mandolini, comandante interinale della stazione Appia, a 3 anni e otto mesi. Sono stati assolti, invece, dall’accusa di calunnia Vincenzo Nicolardi e Tedesco e Mandolini.

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