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L’Italia non è tra i firmatari della dichiarazione Ue sui diritti Lgbt 

L’Italia non è tra i firmatari della dichiarazione Ue sui diritti Lgbt. La dichiarazione di Giorgia Meloni

L’Italia, insieme ad altri otto Paesi europei, ha deciso di non firmare la dichiarazione UE per la promozione dei diritti Lgbt+.  I Paesi firmatari della dichiarazione sono: Belgio, Polonia, Danimarca, Cipro, Irlanda, Grecia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Malta, Estonia, Austria, Finlandia, Germania, Portogallo, Slovenia, Francia, Svezia, Spagna. 

La dichiarazione, presentata dalla presidenza di turno belga al Consiglio dell’Ue in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, il 17 maggio 2024, è stata firmata da 18 Stati membri.

Gli Stati firmatari “si impegnano in particolare ad attuare strategie nazionali per le persone Lgbtiq+ e a sostenere la nomina di un nuovo commissario per l’uguaglianza” quando sarà formata la prossima Commissione. Si chiede inoltre alla Commissione di “perseguire e attuare una nuova strategia per migliorare i diritti delle persone Lgbtiq durante la prossima legislatura, stanziando risorse sufficienti e collaborando con la società civile”.

Il governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, ha giustificato la sua scelta affermando che la dichiarazione era troppo focalizzata sull’identità di genere, in particolare per quanto riguarda il riferimento alla legge Zan. “In occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato che è nostro compito tenere alta L’attenzione della comunità internazionale sulle persecuzioni e sugli abusi che in molte nazioni del mondo, vengono ancora perpetrati in base all’orientamento sessuale”. Parole che riprendono quanto affermato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “Discriminazioni e violenze inaccettabili, che ledono la dignità delle persone e sulle quali i riflettori non devono mai spegnersi. Anche su questo fronte, il governo è, e sarà, sempre in prima linea”, ha aggiunto la premier.

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Secondo il ministro della Famiglia, Eugenia Roccella, la dichiarazione avrebbe rappresentato un “cedimento all’ideologia gender” e una “negazione dell’identità maschile e femminile”.

La scelta dell’Italia ha scatenato polemiche e critiche da parte di esponenti politici e associazioni Lgbt+, che accusano il governo di mancanza di impegno nella lotta all’omofobia e alla transfobia.

Amalia Vingione

Amalia Vingione è laureata in Lettere Moderne presso l’Università Federico II di Napoli e presso lo stesso Ateneo consegue la laurea specialistica in Filologia Moderna con indirizzo in Italianistica. Consegue un Master in Editoria e Comunicazione presso il Centro di Formazione Comunika di Roma. Attualmente lavora come Editor, Copywriter per diverse Case editrici e Giornali e si occupa di Comunicazione per enti e associazioni.

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