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Morte Giulio Regeni, ecco la scelta della Corte costituzionale

Morte Giulio Regeni, ecco la scelta della Corte costituzionale in merito al processo contro i 4 egiziani

La Corte costituzionale ha stabilito che l’Egitto non può impedire che l’Italia processi gli imputati per il sequestro, le torture e l’omicidio di Giulio Regeni.

La Consulta – si legge nel comunicato – «ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice proceda in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall’art. 1, comma 1, della Convenzione di New York contro la tortura, quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell’imputato, è impossibile avere la prova che quest’ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo, fatto salvo il diritto dell’imputato stesso a un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa».

i quattro imputati sono il generale Sabir Tariq, i colonnelli Mohamed Athar Kamel e Helmy Uhsam, il maggiore Magdi Ibrahim Sharif.


Giulio Regeni era un dottorando italiano dell’Università di Cambridge, che studiava il movimento sindacale emerso in Egitto dopo la rivoluzione del 2011. Il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir, Regeni fu rapito a Il Cairo. Il suo corpo fu ritrovato il 3 febbraio successivo, in un fosso lungo la strada del deserto Cairo-Alessandria, alla periferia della capitale egiziana.

L’autopsia rivelò che Regeni era stato torturato a morte. Il suo corpo presentava segni di ferite da bastone, contusioni, ferite da taglio e bruciature. La testa era stata rasata e il viso era stato sfigurato.

Le indagini italiane hanno portato alla conclusione che Regeni era stato rapito e torturato da agenti dei servizi segreti egiziani. Questa conclusione si basa su una serie di elementi, tra cui:

  • Le testimonianze di testimoni che hanno visto Regeni essere rapito da uomini in borghese, che si ritiene siano stati agenti dei servizi segreti;
  • Le immagini di sorveglianza che mostrano Regeni essere portato in un edificio dei servizi segreti emesso;
  • Le prove di tortura trovate sul corpo di Regeni, che sono compatibili con le tecniche utilizzate dai servizi segreti egiziani.

L’Egitto ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento nel caso Regeni. Il governo egiziano ha inizialmente accusato una banda di criminali della sua morte, ma poi ha cambiato versione, sostenendo che Regeni era stato coinvolto in un incidente stradale.

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Nel 2019, il governo italiano ha istituito una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. La Commissione ha concluso che Regeni era stato rapito e torturato dai servizi segreti egiziani, e che il governo egiziano aveva cercato di occultare la verità sul caso.

Nel 2023, il processo per l’omicidio di Giulio Regeni è iniziato a Roma. I quattro agenti dei servizi segreti egiziani accusati del crimine sono stati giudicati colpevoli in contumacia e condannati all’ergastolo.

Il caso Regeni è un caso di violazione dei diritti umani e di impunità. L’omicidio di un giovane ricercatore italiano è stato utilizzato dal governo egiziano per intimidire e reprimere la società civile. Il processo a Roma è un passo importante per la verità e la giustizia, ma è necessario che l’Egitto collabori con le autorità italiane per assicurare alla giustizia i responsabili del crimine.

Amalia Vingione

Amalia Vingione è laureata in Lettere Moderne presso l’Università Federico II di Napoli e presso lo stesso Ateneo consegue la laurea specialistica in Filologia Moderna con indirizzo in Italianistica. Consegue un Master in Editoria e Comunicazione presso il Centro di Formazione Comunika di Roma. Attualmente lavora come Editor, Copywriter per diverse Case editrici e Giornali e si occupa di Comunicazione per enti e associazioni.

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